Ricorderemo.

Bisarno sotto un arcobaleno

Quando saremo in una spiaggia col mare davanti, o turisti a zonzo fra le viuzze di qualche città, o – più semplicemente – nella quotidianità semplice e bella della nostra casa, noi con le bambine, ad assaporare uno spaghetto coi pomodori dell’orto, un film tutti insieme sul divano, una vasca calda allagando, ridendo, tutto il bagno, ecco forse qualche mosca fastidiosa ci ronzerà attorno, e ci capiterà di ricordare.

Ricorderemo, con una sensazione di guardinga rilassatezza, le inquietudini di questi mesi, la paura che ti stringe la pancia, il viaggio di rientro da Girona, due giorni in auto, infinito, straziante, l’indomani della conferma della diagnosi, l’ansia di fare qualsiasi cosa pur di non pensare, le preghiere durante la TAC in una sala di attesa spettrale e vuota, i continui su e giù con l’ospedale di Prato, poi Careggi, e le analisi del sangue sempre in lieve ritardo per fissare la chemio l’indomani, le parole non dette o dette male dei dottori, le cicatrici addosso e dentro, il catetere e i drenaggi, le assenze (di passioni, di voglie, di stimoli), i risvegli al mattino presto quasi più brutti delle notti appena passate.

Ricorderemo i giudizi severi che ci siamo urlati contro, le tensioni, la difficoltà di essere una coppia, e una famiglia, la tentazione di scappare (ma dove?), le ore insonni perse fra le maglie vischiose del web fra i forum di oncologia, a leggere gli ultimi studi, a cercare testimonianze di rinascita, o ad affondare insieme ai disperati, ai depressi, agli infelici, certi di averne la stessa stimmate, a girare con la macchina ore e ore, senza una meta, con la radio spenta, ogni tanto un urlo e i pugni a sbattere sul volante.

Ricorderemo le ultime dignitose settimane di mio babbo, che ci ha aiutato a restare lucido, sereno, presente anche quando lui quasi non lo era più, divorato dalla malattia. Ricorderò il mio senso di colpa per non essergli stato vicino negli ultimi attimi, perché con la testa altrove, rimpiangendo di essermi fatto vedere sconvolto.

Ricorderemo quando io e Matilde abbiamo aiutato la Laura a rasarsi i capelli, nelle parti dove da sola non arrivava, la scelta della parrucca in un negozietto di Firenze e nel camerino accanto squittiva felice un transessuale col suo super parruccone, o quando per gioco e per sdrammatizzare  indossava la parrucca blu di Tristezza, il personaggio di Inside Out. Ricorderemo le cene coi tortellini Rana noi tre, mentre Laura su a letto mangiucchiava qualcosa per non farsi vincere dalla nausea.

Ricorderemo, però, anche il diario della felicità: io e le bambine ad annotare, ogni sera prima di addormentarci – con la Mati scrivente – il nostro quaderno delle cose belle che malgrado tutto ci capitavano e dovevamo solo abituarsi a vedere. E che accadevano. “Niente è così brutto come sembra”. Sí, ricorderemo che uniti così non lo eravamo mai stati, e così tante coccole non ce le eravamo mai fatti. Ricorderemo la gioia dell’ecografia del 12 dicembre, pulita!, come il primo regalo del babbo morto 4 giorni prima, e il sapore del pesce al forno la sera stessa cucinato per festeggiare; ricorderemo che di notte, poi, abbiamo progressivamente ricominciato a dormire, che i risvegli non facevano più così schifo; ricorderemo il primo pranzo all’aperto, nell’aia di Bisarno, alla luce della primavera, le temperature che salgono, quel brindisi di speranza così voluto che quasi i bicchieri li abbiamo franti.

Forse un giorno ci ricorderemo anche di non ricordare, di non dar peso alle mosche che ronzano nell’orecchio, perché anche ricordare fa male.

Ci ricorderemo soltanto che eravamo persone diverse, non migliori né peggiori, e ora siamo cambiati, attraversati da una piena tracimante fango e rabbia ma che – e pareva impossibile – ha cominciato a placarsi, e i detriti a sedimentarsi, le acque ora quasi limpide, e che il nostro corso verso il mare continua…

Un arcobaleno mai visto, creatosi il giorno del rientro dall’ospedale