Non ho più voglia.

Carciofi recisi che sono poi fioriti. Un po’ come noi?

 

Siamo quasi al primo compleanno della nuova vita, iniziata il 14 agosto 2018. In un anno la nostra esistenza, di tutti e quattro, è stata completamente ribaltata, ma siamo ancora in piedi. Anzi, forse anche più forti di prima.

In questo segmento lungo ormai un anno – disperato, duro, segnante -, sotto molti aspetti abbiamo infatti trovato lo slancio per riorganizzarci e, se mi guardo indietro, se lascio per un attimo il porto sicuro del presente, non posso trascurare quante buone cose siamo riusciti a portare avanti: la vendita della casa dei miei genitori e il riacquisto, con trasloco, di mia mamma nella sua nuova casetta; i progressi di Bisarno, soprattutto nell’aia e nell’orto, con la camera delle bambine ora ammobiliata con la mia ex cameretta di ragazzo, con alcuni mobili dei miei che ora ingentiliscono la sala e con tante altre piccole premure esercitate su Bisarno che mi hanno aiutato a distrarmi; la crescita del mio rapporto con le bambine, soprattutto con Matilde; il lavoro, su cui mi sono ributtato “matto e disperatissimo” e che continua a permettermi di incanalare molti aspetti della mia creatività.

Tuttavia, questi ultimi sono giorni in cui prevale il nervosismo. Forse è anche la stanchezza. Mi ha suggerito, chi mi dà una mano, di non abbandonare mai l’esercizio del ricordo di quanto sono stato male i primi mesi di questa nuova vita. Mi è sembrato un consiglio inizialmente quasi stupido: come potrei dimenticarlo? O trascurarlo? In realtà il consiglio ha un senso: tutto quel dolore, di cui ora sono nauseato, è stato necessario a permettermi (permetterci) di ripartire, su nuove fondamenta e su nuove basi.

Tuttavia, il mio istinto di sopravvivenza (che è quello di ciascuno di noi) porta ad allontanare quei ricordi, le sensazioni di quei giorni, ritornando talvolta a quel vecchio Francesco non evoluto dal dolore. Il dolore se non elaborato ma semplicemente rimosso si reincanala sotto forme striscianti e subdole. Come in giornate come questa, in cui mi sento come una falena che sbatte e risbatte contro i vetri, preso dalle emozioni negative, irrequieto, incerto.

E allora dovrei proprio fare l’esercizio del ricordo, e ricordarmi che ho imparato, che sono cresciuto, e mi sono elevato da quegli stati d’animo, da quei giorni orribili. E non ho proprio più voglia di riperdermi in quella sofferenza. Non ne ho proprio più voglia.