L’umorismo, gli Ebrei e la Bibbia. La storia del vino. Parte 4.

Sollecitato dai commenti positivi di un amico che ha recentemente letto i vecchi post (qui la prima parte, qui la seconda, qui la terza), è con piacere e con colpevole ritardo che intendo continuare, dopo oltre due anni e mezzo, un progetto che mi sta a cuore: raccontare in forme spigliate e leggibili, non pedanti o cattedratiche, la storia del vino, e dimostrare, strada facendo – 100000 anni circa! -, come il vino sia davvero la “molecola della civiltà” e che, a noi toscani, e per traslato, a noi italiani ci ha plasmato i geni, ancorandoci, grazie, come vedremo, agli Etruschi, a Leonardo da Vinci, a Caterina dei Medici, ai contadini, a tutti coloro che hanno scritto queste pagine di storia appunto, a un consumo di vino naturalmente responsabile, legato a una convivialità informale, gustosa e legato al bello.

Dopo quello che avevamo scritto sull’antico Egitto, più o meno nello stesso humus geografico, più o meno nello stesso periodo, ma con rappresentazioni piuttosto diverse, il vino e la sua fruizione ritorna protagonista nel popolo di Israele, nella bibbia e fra la cultura e la religione ebraica.

Siamo circa nel 2000 aC e nella cultura ebraica l’invenzione del vino viene attribuita a Noè che, appena trovato terra sul monte Ararat (Turchia) dopo il diluvio, pianta la vite e si ubriaca del vino prodotto, restando poi nudo di fronte a Cam che lo riferisce ai fratelli Sem e Jafet (Genesi, 9, 20-25).

Ebbrezza di Noè – Michelangelo Buonarroti, 1509 – Roma, Cappella Sistina

Nella cultura ebraica tradizionale il vino è l’anima della festa, che sia la celebrazione della Pasqua ebraica, lo «Shabbath» o le feste del tabernacolo («Sukkat») anticamente festa della vendemmia, per non dire del paradigmatico Matrimonio Ebraico. La fruizione del vino non è mai smodata (l’ebbrezza è pericolosa e sacrilega cfr. Incesto di Lot, Genesi 19, 1-11) ed è inserita in un modello gnoseologico fondato sull’umorismo: riso atrabiliare, relativizzante, diasporico e formativo. L’umorismo è una tematica a me particolarmente cara: vivere la vita con umorismo significa un “berci su per sdrammatizzare”, ma senza mai perdere la lucidità, riuscire a ridere di sé e delle proprie miserie. Un po’ come ha fatto il popolo ebraico. Anche fra gli ebrei contemporanei: vi siete mai gustati un film di Woody Allen?

Nella Bibbia, testo sacro della religione ebraica e poi cattolica, il vino è del resto al centro del simbolismo cristiano (la parola “vino” ricorre quasi 230 volte nella Bibbia): “Io sono la vite voi i tralci“; vite come albero messianico: quando Giosuè (Mosè aveva dubitato) arriva nella terra promessa la trova «ricca di vigne»; il sacramento dell’Eucarestia (vino come sangue di Cristo) istituito durante l’ultima cena; infine nel miracolo delle nozze di Cana. Episodi che mostrano ancora una volta come il vino sia fondante, sia a livello simbolico che per le sue virtù aggregative e teofaniche, di ogni civiltà in cui sia stato prodotto e consumato. Ma è solo grazie all’Antica Grecia e agli Etruschi che il vino riuscirà ancora di più a incarnarsi nelle vita delle persone, proseguendo il suo viaggio di autodefinizione come cardine, molecola di civiltà.